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REGINETTA AZZURRA o GUIT GUIT SAI

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Messaggio  Admin Sab Ott 25, 2008 5:16 pm

LA REGINETTA AZZURRA,

GUIT GUIT SAI (Cyanerpes cyaneus, L. 1766), di Giorgio Truffi


La sistematica

La Reginetta azzurra, forse meglio conosciuta sotto il nome di Guit guit sai, appartiene, per quanto al profano possa apparire strano, alla famiglia degli Emberizidi ed è quindi un cugino, sia pure in senso lato e molto alla lontana, dei nostri zigoli, così come alla stessa famiglia appartengono i Tiardini, i Geospizini, i Cardinalini, i Traupidi, i Tersinini, i Catamblirinchi ed infine i Dacnidini, della tribù dei quali fa parte appunto il Guit guit, almeno secondo il più recente schema di classificazione degli Uccelli, seguito dallo Grzimek e dai suoi collaboratori. La posizione sistematica dei Dacnidini è stata, proprio per le loro caratteristiche che man mano esamineremo, più volte rivista e modificata. Iscritti in un primo tempo fra le Nettarine (vedere Figuer) successivamente furono riuniti con i Cerebini a costituire la famiglia dei Cerebidi. Attualmente vari autori (Grassé, Smolik, Dorst) ritengono tuttora valida questa classificazione. Tuttavia gli studi compiuti da W.J. Beecher sull'anatomia di questi uccelli indicano piuttosto una certa derivazione dai Parulidi, mentre secondo lo stesso i Dacnidini devono essere considerati parenti stretti dei Traupidi, dei quali per altro non fanno parte.
Se comunque ci si sofferma, nella misura in cui se ne ha voglia, tempo e competenza, ad osservare le caratteristiche dei Parulidi, dei Drepanidi, degli Zosteropidi, dei Diceidi, dei Nettarinidi e dei Melifagi, ci si rende facilmente conto in quale mare di sfumature divergenti e convergenti ci si perda, e non posso fare altro in proposito che associarmi a quanto tempo fa scriveva al riguardo Giovanni D'amico («II Mondo degli Uccelli, pag. 22 - 1976). D'altro canto occorre avere ben chiaro il concetto che la classificazione filogenetica non è una cristallizzata elencazione di specie secondo un ordine prestabilito e immutabile, ma una parte viva e vitale delle scienze umane che si rivede, si evolve, si modifica come già altre volte abbiamo avuto occasione di osservare, sulla base delle nuove acquisizioni recepite.
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I caratteri distintivi

Come tutti i congeneri, Guit guit ha lingua particolarmente adatta a suggere il nettare dei fiori che ne costituisce l'alimento base, modificata e trasformata in un sottile organo tubolare protrattile che (Weymont e altri, 1966) si riempie per capillarità.
E' sfrangiata e forma all'estremità una sorta di spazzola. L'aspirazione del nettare ..è probabilmente favorita dalla compressione prodotta dai movimenti della gola. La forma esterna del Guit guit, come osserva esattamente il Moltoni, ricorda quella del nostro Picchio muraiolo (Tichodroma muraria) dal quale, per altro, si distingue per la ben diversa colorazione e per le minori dimensioni.
Lungo circa 13 cm., ha becco nero, sottile, snello e piegato all'ingiù, lungo circa 2 cm, incurvato in punta ad uncino, di cui si serve a vite per forare alla base i calici dei fiori, ai quali sugge il nettare ed in cui ricerca gli insetti che vi si annidano. La colorazione del maschio è di un bel blu purpureo con dorso, ali e coda nero opaco. Il vertice è di un brillante azzurro turchese. Giallo carico il vessillo interno delle remiganti. Occhio nega Zampe rosse. Dopo la muta, che segue immediatamente l'epoca riproduttiva al punto tale che alcuni soggetti sono stati osservati nutrire i piccoli già in abito eclissale, il maschio assume la colorazione verde oliva, anche sul pileo, superiormente più chiara, che è propria della femmina, dalla quale per altro si distingue per le zampe che rimangono rosse, mentre in questa ultima sono grigio scure tendenti al nero. E' uno dei pochi passeracei della zona tropicale la cui colorazione subisce un vistoso cambiarne stagionale.
Non ha canto particolare, ma emette suoni argentini dai quali appunto deriva (è onomatopeico) il nome, localmente attribuito, di Guit guit ai quali alterna a volte un lieve e sommessi pigolio.
La distribuzione, l'habitat e la nidificazione Nell'America tropicale, da Cuba al Messico, fino all'Equador, al Brasile meridionale e alla Bolivia, uccelli essenzialmente arboricoli e stanziali, socievoli e di carattere dolcissimo, si spostano in piccoli branchi di 10 o 15 individui all'ombra degli arbusti fioriti delle piantagioni ó caffè e nelle foreste delle zone basse, dove nidificano nelle chiome degli alberi o sulle cime dei cespugli, costruendo, a seconda delle razze geografiche, un piccolo nido a coppa di varia forma, oppure globoso, come una sorta di sacco rigonfio, all'approntamento del quale, foderato internamente con un morbido strato di erba e costruito utilizzando materiali vegetali & versi ed anche ragnatele, contribuiscono entrambi i membri della coppia, in cui vengono successivamente deposte due uova che la femmina cova da sola, macchiettate e con una particolare corona intorno al polo ottuso. Normalmente le covate sono due, eccezionalmente tre all'anno Al termine dell'incubazione, che si protrae per un periodo oscillante fra i 12 ed i 14 giorni, nascono i piccoli, che vengono nutriti da entrambi i genitori con frutta e piccoli insetti.
L'allevamento dei giovani costituisce per gli adulti un notevole lavoro.
Talvolta per questa specie, come per i congeneri, così come i Cerebidi, si sono osservati assistenti che aiutano i genitori nelle cure parentali, in alcuni casi individui non accoppiati o immaturi, in altri casi si è notato che i giovani di una precedente covata contribuivano all'allevamento dei fratelli più piccoli. L'attività principale di questi aiutanti consiste nell'imbeccata e nei lavori di pulizia, secondariamente nel rendersi cura della sicurezza della nidiata, avvertendo dell'approssimarsi del pericolo e talvolta aiutando a costruire il nido e persino a covare. Non solo l'assistenza è intraspecifica, ma anche interspecifica. Così come si sono notate diverse specie di Parulidi aiutarsi fra di loro, Pipili occhi rossi nutrire giovani Mimi, si sono visti Guit guit in piena attività nuziale porgere l'imbeccata a giovani Tanagre immature di dimensioni circa doppie, porgendo in ripetute occasioni pezzi di banana ed insetti catturati fra il fogliame. Tanto è comune questo atteggiamento che più volte sono state osservate Tanagre da poco uscite dal nido inseguire i Guit guit tra gli alberi chiedendo cibo.
A parte la considerazione ovvia che l'assistenza intra o interspecifica abbia alla base stimoli riproduttivi repressi o non ritualmente estrinsecati, l'osservazione di questi fenomeni fa sorgere alcune domande, ed una fra le principali è se la presenza di coadiuvanti non eserciti o non possa esercitare un'azione favorevole alla specie in direzione dell'indice di riproduzione e quindi perché la selezione naturale non si sia uniformata e non abbia elaborato un piano per accrescere il potenziale riproduttivo di quelle specie in cui la maturità sessuale è dilazionata di parecchi anni o anche per maturare più rapidamente specie che allevano due o tre covate all'anno. Non essendo questa la sede per entrare nel merito, a mio avviso appare sufficiente osservare qui che forse un più alto indice di riproduzione non è vantaggioso per la specie e che l'esistenza di un'ampia categoria di assistenti non riproduttori è testimonianza dei fatto che sarebbe svantaggioso alle specie averli invece impegnati nella riproduzione. Deduzione terminale è che gli Uccelli hanno una considerevole riserva di potenziale riproduttivo non usato e che la loro riproduzione è stata in molti casi cambiata per adeguarla alle condizioni della loro vita anziché spingerla al limite della loro potenzialità di allevare nidiate.
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In cattività

Uccello di indole docile ed estremamente socievole, bene si adatta, se adeguatamente alimentato ed assistito, alla cattività, in alcuni casi dando soddisfacenti risultati riproduttivi, anche se non con la facilità con cui si riproducono altri soggetti.
Pur essendo un soggetto (abbiamo visto il suo habitat) cui si addicono voliere in cui fosse presente una buona vegetazione cespugliosa, si adegua facilmente alla gabbia, purché di dimensioni piuttosto ampie. Necessita, in inverno, di una temperatura non inferiore ai 14 gradi, almeno per il primo anno di acclimatazione. Si alimenta con piccole tarme della farina, drosofile, frutta fresca fra cui banane, uva, pere solo se morbide, fichi, arance e mandarini, e soprattutto di nettare, che sugge dal beverino (meglio se del tipo di quelli usati per i Colibrì) stando fermo sul posatoio.
Circa la composizione del nettare, varie sono le formule suggerite, da quelle sofisticatissime per i colibrì (le uniche comunque che consentano di tenere in vita in cattività quel tipo di uccelli) a quelle di più facile preparazione casalinga suggerite in varie note sull'argomento dallo Steinbacher, dal Cristina, dallo Smolik, dal Legendre, da Zamparo.

Per un gruppetto di sei soggetti, che fatta astrazione per l'epoca degli amori convivono senza alcun inconveniente in un capace gabbione, io mi regolo così:
Zucchero - 2 cucchiai; Miele - 2 cucchiai; Alimento Mellin - 2 cucchiai; Liofilízzato verdura - 1 cucchiaino; Liofilizzato carne - 1 cucchiaino; Sali minerali - 1/2 cucchiaino; Polivitaminico - 6 gocce.
Alternando settimanalmente il liofilizzato di carne con un liofilizzato misto di uovo e banana. Acqua circa 150 gr. Il tutto, ovviamente, bene amalgamato con il frullatore elettrico. Questa miscela va sostituita ogni mattina ed i beverini devono quotidianamente essere accuratamente lavati per impedire il formarsi di dannosissime muffe.
II latte condensato, che inizialmente aggiungevo alla miscela, in ragione di un cucchiaio circa, verso sera tendeva ad irrancidire e mi costringeva a sostituirla due volte al giorno, specie nella stagione calda. Sostituitolo, per consiglio di un amico, con un prodotto pediatrico,il Nectarmil, ottenevo lo stesso risultato negativo, per cui l'ho tranquillamente soppresso, senza per altro che i soggetti ne risentissero minimamente.
A volte il prolungato uso di sali minerali aggiunti nella miscela nella dose suaccennata può dare origine, pur non manifestando gli uccelli alcun sintomo negativo, a feci di consistenza terrosa e nerastre. In questo caso aggiungo per tre giorni mezzo cucchiaino di Candiosana e sospendendo per quindici giorni la somministrazione dei sali.
Indispensabile il bagno che va posto quotidianamente almeno d'estate, di cui gli uccelli si servono più volte al giorno.


Le prime notizie di nidificazione in cattività

si hanno nel 1873 in Francia. Ancora dalla Francia nel 1935 («L'Oiseaux et la Revue Francaise d'Orinthologie», n. 2-1936) e poi successivamente la riproduzione si è più volte ottenuta anche in Italia e questo senz'altro grazie alle maggiori conoscenze delle esigenze della specie ed alle disponibilità di prodotti rispondenti che ne rendono possibile la corretta e bilanciata alimentazione, ponendoci così in condizioni di superare le difficoltà che una volta incontrava chi si occupava di questo delicato tipo di uccelli, difficoltà che dovevano essere notevoli se nel 1911 un ornitologo della sensibilità e della competenza del prof. Martorelli riusciva a tenerne in vita due individui maschi per soli quarantasei giorni e, si badi bene, non nel delicato periodo della muta, ma dal 23 febbraio al 9 aprile.
In cattività costruiscono con sfilacci ed erbe sottili un nido a coppa (meglio predisporre due o tre nidi interni del tipo di quelli usati per i canarini). Solo la femmina si dedica a questa operazione ed all'incubazione, mentre il maschio, ad una settimana circa dalla schiusa, provvede ad aiutarla nell'alimentare i nidiacei, fatica che grava intera invece sulle sue spalle per i primi sette giorni. Indispensabile in questa fase, oltre alla frutta ed al nettare, la disponibilità continua di piccoli insetti, di cui i più facili a fornirsi, ed adattissimi allo scopo, sono le drosofile.
Nei nidiacei, il becco per forma e lunghezza si presenta simile a quello dei piccoli insettivori, sviluppandosi successivamente. Crescendo, la loro livrea assomiglia a quella della madre e solo successivamente i maschi assumono la loro caratteristica colorazione del piumaggio, che come abbiamo visto fortemente se ne differenzia se non in eclisse, e degli arti inferiori.

Alle mostre

Tanto per cambiare, in Italia alle mostre è uno sconosciuto e non ho memoria di altri soggetti presentati (se si escludono i mondiali di Verona) se non alla mostra di Murgia (TS) del 1975, in cui è stato esposto un maschio che ha totalizzato giustamente 96 punti. In Inghilterra è regolarmente esposto alle nazionali inglesi e scozzesi, dove occupa un posto di tutto rispetto e, per la brillantezza dei colori, la vivacità, l'eleganza della linea, costituisce una piacevole attrattiva per il pubblico.


Bibliografia essenziale:
Cristina P. - Uccelli da gabbia e da voliera, Milano 1969.
Dorst J. - La vita degli Uccelli, Milano 1973. Figuier L. - Gli uccelli, Milano 1881.
Grzimek B. - Vita degli animali, Milano 1974. Guerra M. in Enciclopedia italiana delle scienze, Novara 1973.
Hanzak J. - Enciclopedia illustrata degli uccelli, Milano 1971.
Legendre M. - Oiseaux de cage, Paris 1971 Moltoni E. - La Cereba azzurra o Sai, in «Riv. It. Ornit.» N. 3-1936.
Politeo D. - Abbiamo riprodotto il Cereba o Sai in «Uccelli» N. 10-1975.
Scortecci C. - Animali, Milano 1965.
Smolik H.W. - Enciclopedia illustrata degli animali, Milano 1972.
Steinbacher G. - Gli uccelli, Roma 1966.
Skutck A.F. - Helpers among birds, in «The Condor» maggio 1961.
VV.AA. - Il mondo degli animali, Milano 1969. VV.AA. - Natura viva, Milano 1960.
Zamparo G. - Allevamento degli esotici insettivori, Udine, s.d.

Tratto dal forum dell’AOE, per la bellezza e la rarità degli esemplari, (admin)
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